Tra le ricette che raccontano l’anima della Toscana, c’è un piatto a base di pesce, che occupa un posto d’onore: è il Cacciucco. Nato nel porto di Livorno dove i pescatori, dopo aver venduto il pesce migliore, mettevano insieme quello che era rimasto e che il mare gli aveva offerto, per farne un piatto unico e sostanzioso.
Il Cacciucco si prepara infatti con una gran varietà di pesci, cotti lentamente in una salsa di pomodoro con abbondante peperoncino rosso, servito su fette di pane toscano abbrustolito e strofinato con l’aglio. Un “piatto di riciclo”, dove ogni pesce entra in pentola al momento giusto per rispettare i tempi di cottura di ciascuno e creare una perfetta armonia di sapori.
La consuetudine vorrebbe fossero tredici le specie di pesci e molluschi, ma in genere se ne usano almeno cinque, scelte tra i cosiddetti “pesci da zuppa”. Una ricetta povera, rimasta intatta nel tempo e consolidata nel corso dei secoli. E, nonostante sia un piatto di pesce, la tradizione livornese vuole un abbinamento d’eccezione: un buon bicchiere di vino rosso.
Tra storia e leggenda
Secondo lo storico Paolo Zalum, il cacciucco sarebbe nato da un guardiano del “Fanale”, il faro di Livorno: poiché un editto gli vietava di friggere il pesce per non sprecare l’olio destinato alla lanterna, inventò questa zuppa povera ma saporita.
C’è chi racconta che nacque come gesto di solidarietà tra pescatori, che offrirono parte del proprio pescato alla famiglia di un compagno che non aveva fatto ritorno.
Un’altra storia lo vuole simbolo di Livorno, città di genti diverse – ebrei, greci, levantini, portoghesi, francesi – che si sono armoniosamente uniti in un’unica identità, così come gli ingredienti nella zuppa.
E infine un racconto tramandato fra i pescatori che narra di Ahmet, un pescatore turco sbarcato a Livorno, che aprì un’osteria e la chiamò Küçük (pronuncia cuciucche). Il piatto forte dell’osteria era una zuppa di pesce cotta nel pomodoro. Quando Ahmet girava tra i banchi delle pescherie, chiedeva pesci di piccola taglia, ovvero “küçük balik” (“pesce piccolo”), e “küçük”, che tra i banchi del mercato diventò “cacciucco”.
Già Pellegrino Artusi, nel suo manuale del 1891 La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, descrisse due versioni del piatto: quella livornese, “buona ma assai grave”, e quella viareggina, “più leggera e digeribile”.
Negli anni ’30, i pittori Lorenzo Viani e Cristoforo Mercati contribuirono alla sua diffusione, portando il cacciucco nei ristoranti di Viareggio, allora elegante meta turistica.
Dal porto alle nostre tavole
Oggi la versione originale con così tante varietà di pesce è più rara, e si utilizzano però almeno 5 tipologie di pesce diverso, e secondo le ricette e i metodi tradizionali devono essere presenti il pescato di scoglio, calamari, seppie, cicale di mare (mazzancolle o scampi o gamberi), palombo, murena; pesce da minestra (scorfano, cappone, gallinella, parlotto, tracina, pesce prete). Gli ingredienti vengono cotti insieme in un brodo di pomodoro e vino rosso, aromatizzato con aglio, cipolla, salvia, peperoncino e prezzemolo.
Il cacciucco viareggino è considerato più delicato, preparato con pesci di sabbia e spesso senza soffritto né aglio, per una preparazione complessivamente più leggera.
E, comunque, quando il profumo del Cacciucco invade la cucina e arriva in tavola, si rivive una storia antica che viene dal mare. Un piatto che sa di pescherecci, di porto e di Toscana, il vero sapore del mare in un piatto.